[RECENSIONE] I BAMBINI DI SVEVIA DI ROMINA CASAGRANDE

Cari lettori, 

oggi parliamo del libro "I bambini di Svevia" di Romina Casagrande pubblicato dalla Garzanti editore, romanzo che è stato oggetto della tappa di settembre del gruppo di lettura "Viaggiatrici di carta", che trovate su Instagram.




Recensione

Questo libro porta alla luce una pagina dolorosa e poco conosciuta della storia italiana,  moltissimi bambini dal Settecento fino alla Seconda Guerra Mondiale  venivano venduti dalle loro famiglie che erano molto povere, per lavorare nelle ricche fattorie delll'Alta Svevia.

Questi bambini non avevano idea di dove sarebbero andati, pensavano di arrivare in un'isola felice, dove avrebbero vissuto un'infanzia migliore;  ma non sapevano che quello era solo l'inizio di un incubo.

L'autrice sceglie di raccontarci la storia di Edna, ma di alternare i capitoli: quando era una bambina e viveva nella fattoria e ai giorni nostri quando ormai novantenne decide di intraprendere un viaggio da Castelbello fino a Ravensburg, per incontrare Jacop. Edna parte per rivedere l'unica persona che ha cercata di aiutarla nella fattoria e lo fa accompagnata dal suo fede pappagallo Emil.


"Arrivavano di seguito, senza logica e frammentate, schegge che si conficcavano nella carne. Sono così, i ricordi: decidono loro quando è il momento di svelarsi, guidano a volte le mani prima che la mente. Il cuore segue o resta ad ascoltare."


Prima di soffermarmi su alcune cose che non mi hanno convinta, voglio dire che questo libro ha al suo interno due messaggi importanti, che sono quelli della speranza e del coraggio.

Fino all'ultimo giorno di vita, c'è ancora la possibilità di perdonare e farsi perdonare.

Riconosco il fatto che l'autrice abbia portato alla luce un episodio del nostro recente passato che pochi ahimè conoscono, quindi di base questo testo ha un grande impatto emotivo sul lettore,  che deve affrontare anche delle scene molto forti, che sicuramente fanno riflettere.

La prima cosa che mi ha lasciata perplessa è stata lo stile dell'autrice, molto pesante e noioso in alcuni punti, molto descrittivo e a volte si soffermava su alcuni dettagli che non erano rivelanti ai fini della narrazione.

"Lei credeva nel destino? In  un filo rosso che collega ogni cosa senza che noi ce ne rendiamo conto, prima che quello stesso filo ci accarezzi o ci stringa fino a strozzarci?"

 

L'altra cosa che non mi ha convinta è stato il viaggio che Edna compie, dobbiamo considerare che è una signora di ben novant'anni, che la meta è molto lontana, che ha un pappagallo con sè e  nessuno  che l'ha accompagni. 

Per quanto questa donna anziana sia in gamba, questa costruzione narrativa a mio avviso non è verosimile e l'ho trovata molto forzata, come anche la serie di personaggi strani che Edna incontra lungo la strada, tutti abbastanza gentili e pronti ad aiutarla.

Come dicevano alcune mie compagne di lettura, o la storia doveva essere ambientata trent'anni prima oppure l'autrice doveva concentrare la narrazione solamente sulla parte della Edna bambina, che io ho preferito.

Però credo di essermi data una spiegazione a questo viaggio che Edna intraprende, è una metafora per far capire che non ci si deve mai arrendere, che si può ricominciare e avere una seconda possibilità per sistemare le cose.

Sicuramente mi aspettavo di più, qualcosa di più coinvolgente e anche sconvolgente, ci sono molti passaggi che si potevano approfondire, ma per me è mancato qualcosa.

Recentemente ho letto il libro "Fiore di roccia" di Ilaria Tuti, anche lì si raccontava un episodio poco conosciuto della nostra storia,  ma dà subito la storia mi aveva coinvolto e appassionato cosa che in questo romanzo non è mai successa.

Sarà sicuramente una unpopular opinion, però tutto questo successo ed entusiasmo verso questo libro non lo capisco, anche se credo di aver compreso il messaggio ma meno la costruzione della narrazione.

E' un vero peccato.

***

Trama:

Protetta dalle mura di una casa nascosta dal rampicante, Edna aspetta un segno. Da sempre sogna il giorno in cui potrà mantenere la parola data. L'unico a farle compagnia è Emil, un pappagallo dalle grandi ali blu. Non le è mai servito altro. Fino a quando una notizia la costringe a uscire dall'ombra e a mettersi in viaggio. È arrivato il momento di tener fede a una promessa a lungo disattesa. Una promessa che lega il suo destino a quello dell'amico Jacob, che non vede da quando erano bambini. Da quando, come migliaia di coetanei, furono costretti ad affrontare un terribile viaggio a piedi attraverso le montagne per raggiungere le fattorie dell'Alta Svevia ed essere venduti nei mercati del bestiame. Scappati dalla povertà, credevano di trovare prati verdi e tavole imbandite, e invece non ebbero che duro lavoro e un tozzo di pane. Li chiamavano «bambini di Svevia». In quel presente così infausto, Edna scoprì una luce: Jacob. La loro amicizia è viva nel suo cuore, così come i fantasmi di cui non ha mai parlato. Ma ora che ha ritrovato Jacob, è tempo di saldare il suo debito e di raccontare all'amico d'infanzia l'unica verità in grado di salvarli. Per riuscirci, Edna deve tornare dove tutto ha avuto inizio per capire se è possibile perdonarsi e ricominciare. Lungo antiche strade romane e sentieri dei pellegrini, ogni passo condurrà Edna a riscoprire la sorpresa della vita, ma al contempo la avvicinerà a un passato minaccioso. Perché anche la fiaba più bella nasconde una cupa, insidiosa verità. I bambini di Svevia è un romanzo indimenticabile. Per la capacità di leggere l'animo umano con profondità ed empatia. Per il coraggio di far luce su un capitolo poco conosciuto della storia italiana, quello dei bambini che, per tre secoli e fino alla seconda guerra mondiale, venivano venduti dalle famiglie per lavorare nelle fattorie dell'Alta Svevia. Per la protagonista, Edna, un personaggio vivido e coinvolgente. Una storia che è un tuffo in un mondo in cui la natura dice più delle parole e in un passato dimenticato che chiedeva di essere raccontato.





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