[RECENSIONE] I CUSTODI DEL LIBRO DI GERALDINE BROOKS

Cari lettori, 

oggi parliamo di un romanzo che mi aveva incuriosito molto, una storia interessata ma sviluppata dall'autrice in maniera discutibile e alquanto confusa.

Vi spiego meglio nel post cosa ne penso.





Recensione


Siamo a Sarajevo nel 1996, Hanna Heath arriva nella città bosniaca per restaurare e analizzare la Haggadah, un prezioso manoscritto che appartiene al patrimonio culturale dell'umanità.

La giovane dottoressa si trova davanti una città devastata da cinque anni di guerra civile e ancora sotto attacco dei cecchini.

Il suo lavoro è molto delicato, la Haggadah è un'opera di straordinario valore, è fondamentale per la storia dell'ebraismo, le sue origini risalgono all'età medievale, in Spagna; un'epoca in cui l'arte figurativa era una violazione dei comandamenti. Il manoscritto è infatti ricco, di variopinte miniature, l'opera era scomparsa da anni ed è stata salvata da un bibliotecario musulmano.


"Non riuscii a trattenere un sospiro. il mio lavoro ha a che fare con gli oggetti, non con le persone, Mi piacciono i materiali, le fibre, la natura delle cose che compongono un libro. So tutto sulla sostanza e la strutture delle pagine, sulle terre colorate e le letali tossine degli antichi pigmenti. la colla di farina... nessuno conosce la colla di farina meglio di me."

 

Durante la seconda guerra mondiale i nazisti se ne volevano impadronire ma la storia andò diversamente, questo libro è sopravvissuto alla diaspora, alle inquisizioni, ai genocidi e alle guerre.


"Quel libro voleva metterci alla prova, scoprire se eravamo ancora in grado di capire una semplice verità: le cose che ci uniscono sono più di quelle che ci dividono. Un essere umano vale in quanto tale, che sia giudeo, musulmano, cattolico o ortodosso."


Hanna ha un compito importante davanti a sé, un libro antico e prezioso ma anche molto misterioso e attraverso gli indizi che trova all'interno dell'opera, cercherà di ricostruire la "vita" del manoscritto fino ai giorni nostri.

La protagonista compie il suo lavoro con amore, è una donna single cresciuta all'ombra di una madre importante, la dottoressa Heath, la prima donna a diventare primario di neurochirurgia in Australia, ma non ha mai conosciuto il padre e non sa chi sia. 

Nel libro c'è spazio anche per la  vita privata di Hanna, l'autrice ci racconta qualcosa del passato della donna, anche se a mio avviso questa parte era molto interessante e doveva essere approfondita ulteriormente.

La lettura di questo libro è stata piacevole, però mi sono chiesta perché Geraldine Brooks abbia dovuto annoiare il lettore con dei capitoli dove ci raccontava la storia della Haggadah, tra l'altro inventata dall'autrice, perché abbiamo ben pochi dati sulla storia di questo libro.

I salti temporali sono decisamente troppi, incontriamo molti personaggi, l'unico che si ripete è quello di Lola, tutto questo continuo andare avanti e indietro mi ha davvero confusa. Il ritmo della storia e il mio interesse si sono abbassati moltissimo; credo che non ci fosse  bisogno di questi "approfondimenti" e sarebbe stato meglio concentrarsi sulla storia di Hanna, che già di per sé era complicata.

Lo stile di scrittura l'ho trovato semplice e diretto e l'idea di partenza è sicuramente molto buona, peccato per la scelta narrativa dei diversi spazi temporali che sono stati mal gestiti.

E' un libro che contiene all'interno una storia molto interessante, la Haggadah di Sarajevo è un testo importante, un simbolo di pace e unione tra le varie religioni; questo testo insegna la tolleranza e non l'odio e questo mi è piaciuto molto. Da rivedere la struttura narrativa molto disordinata e  abbondante di dettagli che ci potevano essere risparmiati.

Nel complesso valuto l'opera sufficiente.

***


Trama

È la primavera del 1996 a Sarajevo e Hanna Heath, trentenne restauratrice australiana di manoscritti e libri antichi, giunge nella capitale bosniaca devastata da cinque anni di guerra civile e ancora sotto il fuoco dei cecchini. Deve restaurare la Haggadah di Sarajevo, un manoscritto ebraico prodotto in Spagna in età medievale e ricco di inusuali e variopinte miniature; un'opera preziosa e fondamentale nella storia dell'ebraismo, che fu salvata dal bibliotecario musulmano del Museo di Sarajevo quando, negli anni Quaranta, i nazisti e i famigerati reparti della Mano Nera cercarono di impadronirsene.

È dalla voce di Hanna che apprendiamo la magnifica storia del libro, una vicenda fatta di macchie di vino e di sangue, di splendidi fermagli smarriti, di farfalle di montagna, di storie d'amore e di vigliaccheria, di secoli di splendore e di decadenza, di gloriose città, la Siviglia del 1480, la Tarragona del 1492, la Venezia del 1609, la Vienna del 1894, e di uomini giusti.

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