[RECENSIONE] STAI ZITTA DI MICHELA MURGIA

Cari lettori, 

oggi vi parlo di una lettura molto attuale che tocca dei temi davvero importanti, un problema che ancora oggi c'è e non accenna a risolversi.





Recensione


Siamo state amate e odiate, 

adorate e rinnegate, 

baciate e uccise, 

solo perché donne.

Alda Merini


Ho voluto iniziare così questo post prima di parlarvi del libro "Stai zitta" di Michela Murgia, perché riassume questo testo, il problema è che siamo delle donne, la discriminazione verso di noi parte anche dalle parole.

La Murgia ci apre ad una serie di riflessioni importanti sul femminismo, che lotta affinché le donne abbiano pari diritti degli uomini in ogni ambito;  l'autrice ci spiega molto bene come spesso le professioni quando si tratta di una donna vengano declinate al maschile, per esempio l'avvocato diventa l'avvocatessa.

Dalle donne ci si aspetta gentilezza, capacità di mediazione, eleganza e dolcezza ma sempre con estrema pacatezza e non con forza, con un tono di voce basso; sì anche quello conta moltissimo una donna che alza la voce provoca una reazione violenta da parte degli uomini.

Nella dialettica con persone di sesso femminile, negli uomini scatta qualcosa che gli fa infuriare quando la donna esprime un'opinione e magari contraddice l'interlocutore maschio.

Come è successo con l'intervista che apre il libro e che io sono andata a recuperare, la Murgia non ha assolutamente voluto provocare il suo interlocutore ma lo ha solo contraddetto, ma quel "Stai zitta" non è giustificabile e non dovrebbe essere dimenticato. Una donna non può esprimere un'opinione sulla politica, sul clima, o su un argomento che non è inerente con il proprio lavoro perché viene subito messa a tacere e gli viene detto di pensare alla propria professione e di non interessarsi ad argomenti che non conosce. 


"Non si può cambiare la realtà da un giorno all'altro, ma nessuna realtà comincerà mai a cambiare se la necessita del cambiamento non diventa evidente a tutti. Finché le donne non potranno esserci per contare è essenziale che continuino a contare per esserci [...]"

 

In ogni occasione, in ogni età, in ogni ambito la donna è sempre giudicata, discriminata e isolata, quante volte è successo anche a noi. A me è capitato molte volte anche nel lavoro, quando esprimo un'opinione passa  il messaggio che sono una rompiscatole, ad un certo punto mi sono detta che è meglio stare zitti. Alla fine ero così stanca che la voglia di esprimere la mia idea è così frustante che alla fine si fa il gioco degli uomini e si rimane in silenzio.

Pochi giorni fa, mi ha colpito molto quello che è successo allo stadio prima di una partita di calcio, quando una ragazza stava svolgendo il suo lavoro e stava tagliando l'erba del campo, quello che le è stato detto non era per gioco, ma era una propria e vera violenza psicologica, una vergogna ma non contro le donne ma verso un altro essere umano. I commenti erano sessisti e umilianti, mi sono chiesta cosa dovremmo fare per cambiare questa situazione.

Basterebbe poco per risolvere questo problema: educazione e inclusione sociale.

La nostra società va rieducata, senza pregiudizi, accettando le differenze e soprattutto inserendo le donne in ogni ambito, ma non solo come presenza, ma lasciandoci libere di esprimere la nostra opinione, anche se non è in linea con quello che ci si aspetta da una donna. 

Riusciremo mai ad arrivare a una realtà senza discriminazioni per noi donne?

Siamo ancora molto lontani, tutto parte dalle parole, il linguaggio e le espressioni sono davvero molto importanti e da questo che dobbiamo partire per ricostruire la nostra società.

Un libro breve ma accurato e per me necessario.


***


Trama

Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva.

Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse. Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti «dovremmo dire anche farmacisto». Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. Quando siete le uniche di cui non si pronuncia mai il cognome, se non con un articolo determinativo davanti. Quando si mettono a spiegarvi qualcosa che sapete già perfettamente, quando vi dicono di calmarvi, di farvi una risata, di scopare di più, di smetterla di spaventare gli uomini con le vostre opinioni, di sorridere piuttosto, e soprattutto di star zitta.

Questo libro è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Ha un’ambizione: che tra dieci anni una ragazza o un ragazzo, trovandolo su una bancarella, possa pensare sorridendo che per fortuna queste frasi non le dice più nessuno.

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