[RECENSIONE] Un'altra donna di Kang Hwa-gil

 Cari lettori,

oggi parliamo del libro "Un'altra donna " scritto da una giovane autrice sud coreana molto famosa.



Recensione

La storia di Jin-a colpisce fin dalle prime pagine, l'autrice riesce a trasportarci in un mondo dove la violenza sulle donne non conosce limiti e confini e dove non sembra esserci giustizia possibile.

Siamo in Corea del sud come Jin-a ci sono molte altre storie di donne che vengono maltrattate da un uomo che sia il padre, il fidanzato o il titolare dell'azienda dove lavorano. 

Il capo del suo dipartimento con cui ha una relazione l'ha picchiata più di una volta e Jin-a, dopo cinque tentativi di violenza crede che non ci sia più via d'uscita e che questa volta morirà. Ma lei è aggrappata alla vita, vuole avere un futuro, ricominciare a fidarsi degli altri e decide di denunciarlo. Il processo non andrà come lei si aspettava, ottiene un misero risarcimento ma, quest'uomo violento, non verrà messo alla gogna ma sarà lei che verrà giudicata e passerà da vittima a carnefice.


Io sono una persona buona. Tu non riesci a tirare fuori la bonta che ho dentro di me. Non riesci proprio ad aiutarmia essere più buono?».

Mi aveva detto cosi il giorno in cui mi aveva picchiata per la terza volta.Erano sentimenti importanti. Ma io non volevo morire, quello era il sentimento più importante. Me ne ero resa conto quando avevo rischiato per la quinta volta di morire soffocata. 


Questo evento drammatico la segnerà per tutta la vita, non uscirà di casa per mesi, invece di avere sostegno troverà solo rimproveri e giudizi negativi, così decide di far conoscere la sua storia su internet ma il risultato sarà ancora peggiore.

In Sud Corea e in molti paesi del mondo esiste ancora un sistema patriarcale  dove le società sono  comandate da uomini, sia nella famiglia, che nel lavoro ma soprattutto nella sfera politica.

E' il genere maschile ad avere il potere e a decidere cosa le donne possono fare, quanto devono guadagnare, se possono lavorare o meno, come si devono comportare.

Gli uomini si sentono minacciati dalle donne, che sono intelligenti al pari loro, che possono ricoprire qualsiasi ruolo anche manageriale è questa loro paura gli fa commettere queste violenze? E' una sorta difesa?

Nel testo troviamo come questo "uomo" dia la colpa a Jin-a per le violenze, lei doveva essere in grado di cambiarlo, di guarirlo da questo suo malessere interiore, ma la ragazza continua ad avere paura, è convinta che un giorno lui finirà quello che ha iniziato. 


Sarebbe bello se fosse possibile scegliere di provare determinare emozioni. Ho paura di essere lasciata, odio la sensazione di essere abbandonata e di condurre un'esistenza senza valore. Avendo scoperto l'importanza di queste sensazioni, se venissi maltrattata o mi ritrovassi trascinata in una situazione indesiderata, voglio smettere di dire a me stessa come consolazione che va tutto bene. Voglio essiccarmi. Non voglio sentire più niente. 


Per tutti la colpa è da attribuire solo a lei, Jin- a se l'è cercata, l'ha  provocato, voleva avere un ruolo migliore nel suo lavoro e quando non ha ottenuto ciò che voleva, lo ha denunciato facendo credere che il cattivo fosse lui.

Le donne come Jin- a passano sempre per colpevoli, per carnefici, subiscono violenze sia fisiche che psicologiche e poi devono continuare a sentirsi in colpa per i giudizi negativi e ingiusti che ricevono e quindi è meglio tacere e non denunciare?

Dopo tutto quello che ho letto devo dire che me lo sono chiesta, ma credo che far sentire la propria voce sia sempre la soluzione migliore.


L'aspirapolvere? Ah! Dici Ha Yu-ri? Quella è una davvero facile. Accetta qualsiasi invito a uscire. Si dà via così. Non le frega praticamente nulla di che tipo sei e si innamorerà subito di te. Risucchia qualsiasi cosa, come un aspirapolvere.

Quando la avvicini, ti devi comportare come se non avessi mai provato niente del genere per nessun'altra. Le dici che hai perso la testa, per quanto ti piace. E trattala come se fosse lei a scegliere. Non sarà affatto difficile.

Passato qualche giorno si aprirà di botto e le brilleranno gli occhi al pensiero di aver incontrato per una volta un vero uomo che la ami. Le donne con una bassa autostima sono davvero perfette per fare pratica.


Le donne che subiscono gravi molestie e maltrattamenti non vogliono mai passare per vittime, ma dopo quello che hanno dovuto sopportare, non possono anche sentirsi colpevoli e anche giudicate o peggio diffamate pubblicamente. 

L'autrice è molto attiva nel denunciare le violenze di genere del suo paese, è una voce contemporanea molto popolare che con un stile semplice ma curato descrive alla perfezione cosa provano Jin-a ma anche le altre donne del libro. Riesce con la sua prosa a portarci nelle loro vite, a soffrire con loro e a  trasmetterci tutto ciò che provano con estrema veridicità. 

Io l'ho trovato un testo di denuncia della situazione che ancora oggi molte donne stanno vivendo anche da noi qui in Europa, in una società che in teoria dovrebbe essere inclusiva e dare pari diritti a uomini e donne, parliamo ancora di violenza di genere e di diseguaglianze. 

Provate a pensare, a chi non è mai capitato di essere discriminato in quanto donna? A sopportare tutte quelle battutine tipiche maschili che sicuramente non fanno piacere? E a sentirsi anche in torto se la donna in questione reagisce? Esiste tuttavia anche una violenza di genere maschile, anche se più rara e meno evidente. 

Quello che ho capito negli anni è che ci devono essere libri di questo tipo che parlano di verità, di storie drammatiche ma reali, che dobbiamo continuare a scrivere e a leggere queste testimonianze, che non dobbiamo arrenderci.


***

Trama

Jin-a è stata vittima di abusi da parte del suo compagno e capo del suo dipartimento al lavoro. Dopo aver rischiato la vita più volte ha trovato la forza per denunciarlo, ma al termine del processo è ben lontana dal sentirsi risarcita: all’uomo è stata inflitta una pena lieve e le persone a lei vicine l’hanno delusa, minimizzando e ignorando l’accaduto. Inoltre, è impaurita all’idea che l’uomo possa tornare a minacciarla. Decide così di cercare sostegno on-line, pubblicando la sua storia. Ma anche nel mondo digitale non trova che reazioni scomposte e feroci: nessuna empatia, anzi, ulteriori accuse. Tra la pioggia di commenti spiacevoli ne spicca uno che la offende in modo familiare, riportando un appellativo che affonda le radici nel passato: “aspirapolvere”. La curiosità la spinge a tornare nei luoghi della sua infanzia, dove riemergono ricordi di violenze subite non soltanto da lei ma anche da ragazze a lei vicine, in un intreccio che alza un velo su una piaga estesa nella società coreana così come nel resto del mondo. Autrice di punta della narrativa coreana, con questo romanzo la pluripremiata Kang Hwa-gil decostruisce con sapienza l’idea che alcune vicende ci siano estranee e conduce il lettore in un luogo in cui la violenza subita da una donna – fisica e psicologica – riguarda ogni membro della collettività. 

Nessun commento