[RECENSIONE] IL TEMPO DI TORNARE A CASA DI MATTEO BUSSOLA

Cari lettori, 

oggi parliamo di un libro di narrativa italiana che non mi ha convinta del tutto anche se i molteplici temi trattati mi hanno fatto riflettere molto. Ho letto questo romanzo in collaborazione con il sito di Qlibri dove potete già trovare la recensione.




Recensione


"Perché, quando ti sembra che la tua paura non abbia voce, è proprio allora che devi stare fermo, imparare a sentirla accoglierla come parte di te."

Questo romanzo si apre con il narratore della storia che perde il  treno e inganna l'attesa del successivo, rimanendo  nella stazione a fantasticare sulla vita delle persone che velocemente gli passano davanti agli occhi.

Il titolo di questo libro sarebbe potuto essere il tempo dell'attesa, un tempo sospeso che come ci dice l'autore "tra una fine e un nuovo inizio esiste una stagione dai confini incerti [...] è il tempo dell'attesa".

E' un periodo nel quale siamo costretti a pensare, può succedere mentre aspettiamo un treno, un aereo, un colloquio importante, una visita;  sono quei momenti dove possiamo solo attendere e siamo costretti  a guardarci dentro, oppure pensiamo a che storia ci sia dietro ogni persona che ci passa velocemente affianco, si siede vicino o di fronte a noi. In questo periodo storico siamo una società che corre veloce, senza fermarci, anche le notizie ci arrivano direttamente senza filtri attraverso internet e i social e forse l'unico momento della giornata in cui ci rilassiamo e abbassiamo le difese,  è quando torniamo a casa o prima di andare dormire. Neanche in  quel preciso istante però, rallentiamo,  ma i nostri pensieri corrono al giorno dopo e a quello che ci aspetta, a una nuova corsa che dovremmo affrontare fino alla sera successiva. 

Il tempo dell'attesa è una metafora, una sorta di viaggio per riflettere sulla vita, sull'amore e se ci pensiamo bene l'autore non lo dice chiaramente ma nei scorsi due anni abbiamo affrontato chi più o chi meno dei momenti difficili soprattutto a livello personale e psicologico, che ci hanno costretto a fermarci e a pensare a noi stessi. 

Bussola decide di raccontarci delle storie diverse tra di loro ma che sono intrecciate e che parlano di amore in varie forme, di ritorni, di incontri, di abbandoni e di adii, alcune le ho trovate interessanti altre molto meno.

Sono sempre più convinta che scegliere questo tipo di narrazione e scrivere una serie di racconti brevi non sia mai la soluzione vincente, perché non riesco ad affezionarmi ai personaggi, non entro in empatia con loro perché è tutto così veloce. Ogni storia offre sicuramente uno spunto per riflettere sul momento che stiamo vivendo, sul nostro passato,  ma non sono molto approfondite e rimangono a un livello superficiale.

"Vivere in fondo, non è che una serie di storie che si chiudono e si aprono, un continuo stringere la presa e lasciar andare. Una catena infinita di incontri e addii."

Se ci pensiamo bene tutta la nostra vita è una continua attesa, a forza di aspettare l'amore giusto finiamo per non trovarlo mai o ci accontentiamo delle briciole magari di una relazione sbagliata;  oppure ci ritroviamo in vari momenti ad essere solo delle comparse e mai i protagonisti del nostro destino.

Se ci pensate non è cosi? 

Quante volte siamo stati solo una comparsa e non possiamo fare nulla per cambiare le cose? 

Quante volte siamo stati una seconda scelta?

Siamo sempre in attesa che finisca un momento difficile, per affrontare le proprie insicurezze per andare avanti, per combattere e farsi conoscere davvero ed essere capiti dagli altri e trovare un nuovo equilibrio personale.

L'autore ci spiega che prima o poi arriva un momento in cui improvvisamente ci si alza e si prende in mano la propria vita, è un qualcosa di improvviso che arriva senza preavviso; credo che sia vero ma alcune volte purtroppo quel momento può anche non arrivare  e rimaniamo nel limbo, in quel tempo di attesa che sembra non finire mai. 

Restiamo intrappolati in questo tempo sospeso perché non vogliamo metterci in gioco o perché siamo costretti a farlo?

E' un libro che gira attorno a un tema importante e attuale, attendere la fine di qualcosa o un nuovo inizio e in quel momento riflettiamo sulle piccole cose e su quanto diamo per scontato le persone e la nostra vita, sottovalutando quello che abbiamo e cercando sempre qualcosa di diverso.

Il titolo ci suggerisce che alla fine della giornata, di un periodo complicato, ma anche di un qualcosa che ci rende felici torniamo sempre a "casa" dove troviamo la nostra dimensione, il nostro equilibrio, la nostra forza e la nostra famiglia qualunque essa sia. Anche in questo credo che la "casa" non sia un luogo fisico ma una metafora, tornare in quel posto o da quella persona che ci fa sentire bene, amati e compresi.

Lo stile dell'autore è semplice e molto diretto, purtroppo nonostante potrei stare qui a scrivere pagine e pagine sulle riflessioni che sono nate dalla lettura di questo libro, quello che è mancato è l'emozione dentro queste storie e io sono rimasta un po' fredda e distaccata dopo averle lette.

E' sicuramente un mio limite di fronte a dei romanzi che racchiudono una serie di racconti diversi ma che affrontano temi simili, però il testo così breve non mi lascia sicuramente il "tempo" giusto per capire davvero i personaggi; trovo che comunque altri autori italiani del primo Novecento con dei libri molto corti riuscissero comunque a toccare alcuni tasti che gli scrittori contemporanei non riescono a fare.


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Trama:


Vivere, in fondo, non è che una serie di storie che si chiudono e si aprono, un continuo stringere la presa e lasciar andare. Una catena infinita di incontri e di addii». Quante esistenze attraversano una stazione affollata. Dietro i volti delle persone in fila all’edicola o al bancone del bar si nasconde un groviglio di desideri e paure, di dolori e speranze. C’è una donna che non deve partire, eppure resta seduta lì, le borse della spesa ai piedi. C’è un padre che ha smarrito il figlio, e un uomo che sta per separarsi dalla donna della sua vita. C’è un marito che vede un enorme coniglio accanto a sua moglie ogni volta che la guarda, una ragazza che riceve messaggi inattesi, un ragazzo che ha preso una decisione irreversibile. C’è il mistero indecifrabile di ogni incontro capace di farci cambiare strada, e il terrore dell’abbandono sempre dietro l’angolo. Poi c’è uno scrittore con un buffo berretto giallo che si aggira fra i binari dopo aver perso il treno, ed è impaziente di salire sul prossimo. Perché sa che alla fine del viaggio troverà la sua famiglia ad aspettarlo. Perché «l’amore ha sempre, sempre a che fare con qualcuno in grado di riportarti a casa». Con la sua voce inconfondibile, Matteo Bussola racconta il nostro ostinato bisogno degli altri, malgrado la possibilità di ferirsi, di tradirsi, malgrado le accuse o i rimpianti. Il suo è un inno al potere salvifico delle storie, grazie alle quali ci sentiamo tutti meno soli. 

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